Qualcosa si sta smuovendo dentro di me… qualcosa di terribile. Se fossi Francesco Paolantoni, darei la colpa ai peperoni che ho mangiato ieri sera, ma non sono Paolantoni e, soprattutto, ieri sera non ho mangiato peperoni.
Lo so, in realtà, cos’è che mi turba tanto, cosa mi sta dilaniando in un modo così atroce: è la coscienza, che mi rimorde al pensiero di tutte le atroci malefatte che ho commesso.
Non ce la faccio più, non posso continuare a tenermi dentro un peso simile… ho deciso che è il momento di liberarmi e lo farò adesso, accada ciò che deve accadere.
Sì, lo ammetto, io… non ce la faccio neppure a dirlo… ma devo farcela, altrimenti… io… io sono uno di quelli, Dio mio, quale orrenda espressione… io sono un dipendente pubblico… ce l’ho fatta, finalmente l’ho detto.
Non avrei potuto tenerlo nascosto ancora per molto tempo. Vi domanderete perché sto sempre chiuso in casa e vado in giro solo a notte fonda, intabarrato in un mantello nero. E’ che devo nascondere qualcosa che mi denuncerebbe subito agli occhi di tutta la comunità. In via del tutto sperimentale, su iniziativa del ministro freak della Funzione pubblica, ho ricevuto un doppio marchio, due lettere scarlatte come la A di Hester Prynne, solo che le mie sono una F e una P: la prima sta per Fannullone, la seconda per Parassita. E non mi sono state ricamate sui vestiti, no: sarebbe troppo bello. Mi sono state impresse a fuoco sulla pelle, come a Milady de Winter. Sono stato scelto per la sperimentazione del marchio dopo che si è scoperto che, quando mi metto in malattia, in realtà sto benissimo e ne approfitto per esercitare il mio vero lavoro, quello di magnaccia… ho una squadra di prostitute giovanissime, molte addirittura bambine, che metto a disposizione dei miei colleghi statali per le loro pratiche sibaritiche… naturalmente, in orario di servizio.
Ma questo ancora non è nulla. Non sono solo un… insomma, quella spaventosa cosa lì che ho detto prima e che mi fa venire un groppo alla gola al solo pensiero di ripeterla. Sono qualcosa di ancora peggio… un insegnante.
Ma capite? Ma ci pensate? Avete presente… quei tipi loschi, che portano la loro malvagità scritta in faccia… quei beoni che prendono lo stipendio per fare solo 18 ore a settimana, con 2 mesi di vacanza… e, in quelle 18 ore, che cosa non combinano… Rollare cannoni e fumarseli davanti a quelle innocenti creature che dovrebbero educare… molestare sessualmente studentesse minorenni orfane e madri vedove… mostrare il didietro, come gli hooligans inglesi, agli studenti mentre questi stanno girando degli innocui filmati di alto livello morale e culturale da diffondere tramite YouTube… e, Oh Dio, no! addirittura sequestrare cellulari a chi osa tenerli accesi in classe… oppure affiggere ritratti del Papa al muro per usarli come bersaglio nel gioco delle freccette, mentre gli studenti terrorizzati alzano gli occhi al cielo e biascicano preghiere smozzicate, come le donne nei vecchi film di cappa e spada… no, non c’è limite alla nostra satanica perversità.
E non finisce qui… non sono solo un insegnante, ma anche meridionale. E per tre anni, appena entrato in ruolo, non ho fatto altro che… Signore benedetto, quale orrore… che martirizzare giovani padani. Se ci penso… andai addirittura a S.Gimignano, dove c’è il museo degli strumenti di tortura, per imparare a martirizzarli meglio. Quelli che mi portavano tesine su Carlo Cattaneo, poi, li sottoponevo a tormenti quali neppure Torquemada sarebbe mai riuscito a elaborare. Pensate forse alla pera rettale, alla mordacchia, alle tenaglie arroventate? Bazzecole! La mia tecnica era molto più sofisticata e perfida, degna del lestofante che sono. No, non posso ricordare senza sentire io stesso un brivido di terrore… legavo il giovane patriota a una sedia, imbracciavo il mio mandolino e cominciavo a cantargli ‘O sole mio fino a quando non cominciava a perdere fiotti di sangue dal naso e dalle orecchie… alcuni cedevano dopo poco e si prestavano a tutto pur di farmi smettere, ma la maggior parte affrontava impavida i tormenti fino alla morte. D’altronde, sono una razza superiore, mica come noi terroni.
Alla fine, grazie ai numerosi appoggi di cui godo presso la Mafia, la Camorra, la Ndrangheta, la Sacra Corona Unita, la Triade e la Yakuza, sono riuscito a farmi trasferire vicino a casa e mi limito a martirizzare giovani meridionali. Non è lo stesso, ma è meglio che niente.
Non ho più parole… cosa merito? Con quale pena potrei espiare almeno una minima parte di tante nefandezze? Non esiste un supplizio sufficiente… anche la forca, la camera a gas, il plotone di esecuzione, sono roba da uomini, un verme del mio stampo non è degno neppure di questo.
Allora, fate una cosa: defecatemi addosso. Tanto, come direbbe il ministro per le Riforme istituzionali, dopo potrò sempre ripulirmi usando la bandiera tricolore.
lunedì 21 luglio 2008
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