venerdì 31 ottobre 2008

noi, gli ostaggi

Ieri, come molti miei colleghi, ho scioperato. Una minoranza di noi non ha partecipato allo sciopero ma so con certezza che molti di questi "crumiri" sono stati convinti a restare in servizio dal pensiero della trattenuta sullo stipendio. Trovo che questo sia triste, ma non scandaloso: ai nostri livelli retributivi, in certe condizioni, anche una perdita secca di qualche decina di euro può significare essere costretti a stringere la cinghia al di là del lecito. Può essere un problema per me, che pure ho due stipendi che entrano in casa, figuriamoci per quelli che ne hanno uno solo, per le madri separate o divorziate soprattutto. E, in mezzo al personale scolastico, di persone così ce ne sono tante. Non tutte le donne italiane hanno avuto la possibilità di sposare il figlio di un uomo ricco o di bruciare le tappe nella carriera con i metodi che la Guzzanti ha attribuito (presumo a ragion veduta, visto lo spessore morale dei loro mentori) alla Gelmini e alla Carfagna. Diciamo pure che, in gran parte, esse avrebbero anche potuto farlo (le insegnanti non passano per modelli di bellezza fisica perché la loro età media è piuttosto elevata, data la lentezza del turn-over: ma, rispetto alle coetanee che fanno altri lavori, si presentano molto meglio) ma il fatto è che non hanno voluto, perché evidentemente avevano delle idee che non corrispondono a quelle del Semi-Dio di Arcore sulla differenza tra determinazione e prostituzione. E' inutile dire che hanno tutta la mia solidarietà e che non scambierei mai la loro compagnia con quella di nessuna velina o letterina. Magari sarò affetto da una forma di perversione che non è ancora stata descritta dagli psichiatri, ma purtroppo le cose stanno così.
Questo per dire che le cifre sull'adesione allo sciopero vanno interpretate, più che prese alla lettera. Una partecipazione del 60% non significa che c'è un 40% che non condivide le ragioni dei colleghi ma che il 60% non solo è contro la politica del governo, ma è addirittura esasperato da questa al punto da affrontare un sacrificio pur di esprimere un tale dissenso; mentre invece, il 40% rimanente è costituito soprattutto da chi non è d'accordo con il governo ma non se la sente di sacrificarsi, o addirittura non può permettersi di farlo, e poi una sicura quota di indifferenti, e, solo dopo di questi, una ridotta minoranza che, per svariate ragioni, è d'accordo con il governo. In altre parole, la piazza che manifestava non era costituita dalla totalità dei no-Gelmini, ma solo dalla punta dell'iceberg dei Gelmini-fai-schifo.
Non devo aggiungere nulla a quanto stanno riportando i mass media su quanto sta accadendo in queste settimane. Piuttosto, vorrei spazzare via qualche illusione che alcuni di noi (nel senso di quelli che stanno dalla mia parte) si sono fatti.
Basta andare a leggere i commenti che scrivono i lettori della stampa di destra (a proposito, mi permettete una battuta, prima che qualcuno me la rubi? Ecco: in Italia si possono comprare diversi tipi di carta igienica, per tutte le tasche: la più economica si trova negli hard discount, la più cara te la danno in edicola quando chiedi "Il Giornale", "Libero" o "La Padania") ma anche ascoltare cosa dicono gli elettori di destra (ne conosco diversi). A qualcuno abituato a pensarla diversamente potrà sembrare strano: ma, a quanto pare, non hanno alcun soprassalto di vergogna e, anzi, sono solo dispiaciuti che la Celere non prenda a manganellate i manifestanti direttamente, senza neppure la scusa degli incidenti. E l'ipotesi di Cossiga, quella di picchiare anche gli insegnanti insieme ai ragazzi, soprattutto le maestre giovani, fa tanti di quei proseliti che si stenta a immaginarli.
Per essere una categoria di fannulloni che promuove con il 6 politico, occorre dirlo, ci siamo fatti un bel po' di nemici. Figuriamoci se non li avessimo neppure promossi con il 6 politico! Sarebbero venuti a cercarci casa per casa, ci avrebbero impiccati ai lampioni, tutti in fila come i gladiatori di Spartaco? La verità è che il "6 politico" è in gran parte una leggenda metropolitana: già quando andavo a scuola io, nella seconda metà degli anni '70, era un lontano ricordo. Visto che dovrebbe essere un prodotto del '68, almeno così si dice, deve essere stato un esperimento abbandonato quasi subito. Ma a sentire quelli di destra, pare che da quarant'anni i diplomi si diano via a un soldo la dozzina. Per puro caso, ho notato che gran parte di quelli che inveiscono contro la facilità con cui si prendono i titoli di studio, ne sono sprovvisti. Ora, un elementare criterio logico insegna che si può parlare a ragion veduta solo di ciò che si conosce direttamente, e non mi pare questo il caso. Però, immaginando che le argomentazioni della destra contro il lassismo della scuola pubblica fossero valide, cosa dovremmo concludere? Che gli elettori di destra non sono capaci di farsi promuovere neppure da una scuola che regala le promozioni, in pratica che sono dei minorati mentali (si può giungere alla stessa conclusione da tante altre strade, a dire il vero). Forse non abbiamo capito bene come stanno le cose, da dove nasce l'opposizione. Magari il problema del 6 politico è che non basta, perché per prenderlo bisogna quanto meno sprecarsi ad andarci, a scuola, e a starci fisicamente dentro un minimo di tempo necessario. Chi sa che la scuola ideale dell'elettore-tipo di destra non sia quella in cui non si deve neanche andare, quella che il diploma te lo porta direttamente a casa senza bisogno di scomodarti per nulla (in pratica, quello che hanno fatto a lungo molte scuole private, e forse lo fanno ancora). In effetti, la "riforma Gelmini" va proprio in questa direzione e la serietà e il merito con cui la ministra sciampista si riempie la bocca (meglio questo che altro, direbbe la Guzzanti) sarebbero da intendersi come quelli dimostrati votando l'attuale maggioranza, non altri.
Il fatto, dobiamo rassegnarci, è che almeno metà degli italiani la pensa proprio così, anche se l'uso del verbo "pensare", per le ragioni su esposte, è alquanto generoso. E l'altra metà, quali che siano le sue idee e le sue ragioni, finché dura questo stato di cose, è destinata a rimanere ostaggio di una banda di cialtroni convinti di essere dei padreterni. L'ultima volta che l'Italia si è trovata a vivere in queste condizioni, ci sono voluti venti anni e una guerra persa in modo disastroso per aprire di nuovo gli occhi: ma c'è di positivo che, all'epoca, il capo carismatico era arrivato al potere da giovane, aveva quasi la metà degli anni di quello attuale (39 contro 72). Forse non saremo costretti ad aspettare tanto, magari ci penserà la natura a regalarci una nuova festa della Liberazione entro pochi anni, senza bisogno di spargimenti di sangue e di cadaveri scempiati mentre sono appesi a testa in giù. Vi dirò di più (e sono certo di interpretare il pensiero di quasi tutti gli altri "ostaggi"): sono disposto perfino a piangermelo e a riconoscergli una figura postuma di vero statista, purché si tolga dalle scatole abbastanza presto.

sabato 11 ottobre 2008

venditori di fumo, consumatori di fumo

Passa il tempo e, ogni volta, mi trovo a dover ricominciare daccapo, nel senso che mi tocca ripetere sempre le stesse cose. Mi sento come quelli che non si tagliano mai la barba o i capelli per protestare contro un certo stato di cose finché questo dura; e, come queste stesse povere persone, passo altrettanto inosservato, al massimo posso essere preso per pazzo.
Cosa si smuove? Poco, e quel poco sembra sempre dimostrarci che il peggio deve ancora venire. Il Semi-Dio di Arcore forse si è reso conto che la sua pantomima dell'emergenza risolta non potrà durare in eterno senza essere, prima o poi, smascherata come si deve; quindi, corre ai ripari: tra poco, la patata bollente passerà agli enti locali e tutto il peggio che potrà succedere (compreso, è ovvio, ciò che è già successo e non si può nascondere) sarà a loro addebitato, scaricando l'infallibile governo centrale dalla responsabilità di ogni piccolo o grande fallimento. Prima o poi sarebbe finita così e, d'altronde, se simili provvedimenti raggiungessero il risultato di far cadere almeno un po' di teste di amministratori locali corrotti o inetti, al limite qualche risultato potremmo dire di averlo raggiunto. Ma intanto Bassolino e Iervolino stanno ancora lì, a Roma sono considerati addirittura interlocutori privilegiati anziché due parassiti da cacciare a calci nel sedere, e (vista la nota propensione degli italiani, e dei campani in particolare, a prostituirsi a chiunque occupi saldamente un posto importante) non è escluso che il loro elettorato si stia di nuovo consolidando e che il loro peso sia destinato a farsi sentire ancora tutto in occasione delle prossime consultazioni elettorali, dalle europee del 2009 in poi. "Chi ha avuto ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato ha dato, scurdammece 'o passato, siemme 'è Napule, paisa'"... è impossibile non sentirsi risuonare questo terrificante ritornello e, almeno nel mio caso, aver voglia di scappare, andare il più lontano possibile come fa il personaggio interpretato da Nino Manfredi nel film "Pane e cioccolata", quando viene espulso dalla Svizzera e si ritrova, sul treno, in compagnia di altri disgraziati che non sanno fare altro che cantare e suonare chitarre e mandolini.
E se Bassolino & Co. ancora non bastassero, occorre guardare in faccia i soggetti che stanno dall'altra parte: così si capisce perché ce lo siamo tenuti tanto a lungo, il nostro governatore. Il meno impresentabile dei soggetti espressi dal centrodestra, nella nostra regione, dovrebbe essere ancora Italo Bocchino: state un po' a sentirlo quando parla, fate uno sforzo per immaginarvi gli altri (quelli di An sembrano tutti gran signori e raffinati intellettuali rispetto a quelli di Fi, perfino il "cuozzo" Landolfi per il quale mettere insieme dieci parole in Italiano deve equivalere a tutte e dodici le fatiche di Ercole) e poi mi darete senz'altro ragione.

Lasciamo questo tipo di spazzatura e occupiamoci di quella di un altro tipo. Naturalmente sto seguendo con il solito interesse le attività della ministra sciampista Gelmini, la pupazza parlante (come Slappy dei "Piccoli brividi") che va nelle piazze e in tv a prendersi i fischi destinati a Attila Tremonti. Come la penso al riguardo, è noto. Ma vorrei aggiungere una piccola nota tecnica, da addetto ai lavori, ai provvedimenti annunciati dal governo in materia scolastica. In particolare mi ha colpito la faccenda del "ritorno al voto di condotta", annunciato da una parte come soluzione ai problemi del bullismo e denunciato dall'altra come ritorno a una scuola ottocentesca. Se mi si permette una licenza poetica, a me sembra semplicemente una boiata pazzesca.
Forse, in mezzo a quelli che non sono andati al di là della terza elementare, può esistere ancora qualcuno capace di immaginare che, per bocciare un bullo, sia necessario un voto di condotta e che, senza di questo, gli insegnanti siano letteralmente obbligati a mandarlo avanti. Nella mia esperienza in cattedra (e ormai cominciano a essere un po' di anni), non ricordo uno con il 7 in condotta che non fosse anche da bocciare per il profitto (un ragazzo o partecipa alla lezione o la disturba: e se uno disturba così tanto da meritare il 7 in condotta, vuol dire che non ha mai partecipato alle attività didattiche); ho conosciuto anche qualche raro caso da 6 in condotta, e si è trattato sempre di alunni che finivano l'anno con la media del "non classificato" . Dire che questi soggetti ora si possono finalmente bocciare, o è una battuta o è umorismo involontario, non ci sono altre possibilità. Ma poi, se si va a leggere bene il provvedimento, il 7 e il 6 in condotta rappresentano solo la "possibilità" della bocciatura, che però sarebbe certa se un alunno arrivasse aprendere 5 in condotta. Ora, mi chiedo: ma che deve fare un alunno per prendere 5 in condotta? Dalla mia esperienza diretta, credo che un simile provvedimento si potrebbe prendere solo nel caso di ragazzi che si macchino di azioni tipo rapire il preside e tagliargli un orecchio da inviare alla famiglia insieme alla richiesta di riscatto. Un provvedimento che dia ai consigli di classe uno strumento per avere la certezza di bocciare simili soggetti, non mi sembra molto importante, almeno dal punto di vista statistico. E' vero che abbiamo in giro un po' di bulli e che forse il numero è in crescita (ma non si fa prima a dire ai genitori di fare un po' più i genitori e un po' meno gli sponsor?), ma i bulli non sono mica la mafia cinese; anzi, la maggior parte di quelli che si incontrano sono tipi che fanno i gradassi con i ragazzini più deboli ma poi sono capaci di prosternarsi, versando ettolitri di lacrime, davanti a un qualsiasi adulto determinato a far valere la propria autorità. Il problema è che adulti di questo tipo non se ne incontarno molti, anche perché quelli che ci provano finiscono per trovarsi tra l'incudine (le famiglie dei bulli stessi, che sono pronte a tutto pur di difendere e sostenere le più bieche ragioni dei loro pargoli) e il martello (un'opinione pubblica che odia o disprezza tutto quanto è riconducibile alla scuola e agli insegnanti e una classe dirigente sempre più sollecita ad assecondare i più bassi istinti delle masse, alla ricerca del più facile consenso). Quindi, chi ce lo fa fare?
Finché non saranno risolti i veri problemi di chi se ne deve occupare direttamente, questi non spariranno certo da soli. I provvedimenti della parrucchiera fallita servono solo a caricare la classe insegnante di un'altra inutile responsabilità, per poter giustificare più facilmente, ora e più avanti, i tagli alla scuola pubblica e (datele un po' di tempo, poi vedrete) i sostegni economici che verranno generosamente elargiti alle private.