Ieri, come molti miei colleghi, ho scioperato. Una minoranza di noi non ha partecipato allo sciopero ma so con certezza che molti di questi "crumiri" sono stati convinti a restare in servizio dal pensiero della trattenuta sullo stipendio. Trovo che questo sia triste, ma non scandaloso: ai nostri livelli retributivi, in certe condizioni, anche una perdita secca di qualche decina di euro può significare essere costretti a stringere la cinghia al di là del lecito. Può essere un problema per me, che pure ho due stipendi che entrano in casa, figuriamoci per quelli che ne hanno uno solo, per le madri separate o divorziate soprattutto. E, in mezzo al personale scolastico, di persone così ce ne sono tante. Non tutte le donne italiane hanno avuto la possibilità di sposare il figlio di un uomo ricco o di bruciare le tappe nella carriera con i metodi che la Guzzanti ha attribuito (presumo a ragion veduta, visto lo spessore morale dei loro mentori) alla Gelmini e alla Carfagna. Diciamo pure che, in gran parte, esse avrebbero anche potuto farlo (le insegnanti non passano per modelli di bellezza fisica perché la loro età media è piuttosto elevata, data la lentezza del turn-over: ma, rispetto alle coetanee che fanno altri lavori, si presentano molto meglio) ma il fatto è che non hanno voluto, perché evidentemente avevano delle idee che non corrispondono a quelle del Semi-Dio di Arcore sulla differenza tra determinazione e prostituzione. E' inutile dire che hanno tutta la mia solidarietà e che non scambierei mai la loro compagnia con quella di nessuna velina o letterina. Magari sarò affetto da una forma di perversione che non è ancora stata descritta dagli psichiatri, ma purtroppo le cose stanno così.
Questo per dire che le cifre sull'adesione allo sciopero vanno interpretate, più che prese alla lettera. Una partecipazione del 60% non significa che c'è un 40% che non condivide le ragioni dei colleghi ma che il 60% non solo è contro la politica del governo, ma è addirittura esasperato da questa al punto da affrontare un sacrificio pur di esprimere un tale dissenso; mentre invece, il 40% rimanente è costituito soprattutto da chi non è d'accordo con il governo ma non se la sente di sacrificarsi, o addirittura non può permettersi di farlo, e poi una sicura quota di indifferenti, e, solo dopo di questi, una ridotta minoranza che, per svariate ragioni, è d'accordo con il governo. In altre parole, la piazza che manifestava non era costituita dalla totalità dei no-Gelmini, ma solo dalla punta dell'iceberg dei Gelmini-fai-schifo.
Non devo aggiungere nulla a quanto stanno riportando i mass media su quanto sta accadendo in queste settimane. Piuttosto, vorrei spazzare via qualche illusione che alcuni di noi (nel senso di quelli che stanno dalla mia parte) si sono fatti.
Basta andare a leggere i commenti che scrivono i lettori della stampa di destra (a proposito, mi permettete una battuta, prima che qualcuno me la rubi? Ecco: in Italia si possono comprare diversi tipi di carta igienica, per tutte le tasche: la più economica si trova negli hard discount, la più cara te la danno in edicola quando chiedi "Il Giornale", "Libero" o "La Padania") ma anche ascoltare cosa dicono gli elettori di destra (ne conosco diversi). A qualcuno abituato a pensarla diversamente potrà sembrare strano: ma, a quanto pare, non hanno alcun soprassalto di vergogna e, anzi, sono solo dispiaciuti che la Celere non prenda a manganellate i manifestanti direttamente, senza neppure la scusa degli incidenti. E l'ipotesi di Cossiga, quella di picchiare anche gli insegnanti insieme ai ragazzi, soprattutto le maestre giovani, fa tanti di quei proseliti che si stenta a immaginarli.
Per essere una categoria di fannulloni che promuove con il 6 politico, occorre dirlo, ci siamo fatti un bel po' di nemici. Figuriamoci se non li avessimo neppure promossi con il 6 politico! Sarebbero venuti a cercarci casa per casa, ci avrebbero impiccati ai lampioni, tutti in fila come i gladiatori di Spartaco? La verità è che il "6 politico" è in gran parte una leggenda metropolitana: già quando andavo a scuola io, nella seconda metà degli anni '70, era un lontano ricordo. Visto che dovrebbe essere un prodotto del '68, almeno così si dice, deve essere stato un esperimento abbandonato quasi subito. Ma a sentire quelli di destra, pare che da quarant'anni i diplomi si diano via a un soldo la dozzina. Per puro caso, ho notato che gran parte di quelli che inveiscono contro la facilità con cui si prendono i titoli di studio, ne sono sprovvisti. Ora, un elementare criterio logico insegna che si può parlare a ragion veduta solo di ciò che si conosce direttamente, e non mi pare questo il caso. Però, immaginando che le argomentazioni della destra contro il lassismo della scuola pubblica fossero valide, cosa dovremmo concludere? Che gli elettori di destra non sono capaci di farsi promuovere neppure da una scuola che regala le promozioni, in pratica che sono dei minorati mentali (si può giungere alla stessa conclusione da tante altre strade, a dire il vero). Forse non abbiamo capito bene come stanno le cose, da dove nasce l'opposizione. Magari il problema del 6 politico è che non basta, perché per prenderlo bisogna quanto meno sprecarsi ad andarci, a scuola, e a starci fisicamente dentro un minimo di tempo necessario. Chi sa che la scuola ideale dell'elettore-tipo di destra non sia quella in cui non si deve neanche andare, quella che il diploma te lo porta direttamente a casa senza bisogno di scomodarti per nulla (in pratica, quello che hanno fatto a lungo molte scuole private, e forse lo fanno ancora). In effetti, la "riforma Gelmini" va proprio in questa direzione e la serietà e il merito con cui la ministra sciampista si riempie la bocca (meglio questo che altro, direbbe la Guzzanti) sarebbero da intendersi come quelli dimostrati votando l'attuale maggioranza, non altri.
Il fatto, dobiamo rassegnarci, è che almeno metà degli italiani la pensa proprio così, anche se l'uso del verbo "pensare", per le ragioni su esposte, è alquanto generoso. E l'altra metà, quali che siano le sue idee e le sue ragioni, finché dura questo stato di cose, è destinata a rimanere ostaggio di una banda di cialtroni convinti di essere dei padreterni. L'ultima volta che l'Italia si è trovata a vivere in queste condizioni, ci sono voluti venti anni e una guerra persa in modo disastroso per aprire di nuovo gli occhi: ma c'è di positivo che, all'epoca, il capo carismatico era arrivato al potere da giovane, aveva quasi la metà degli anni di quello attuale (39 contro 72). Forse non saremo costretti ad aspettare tanto, magari ci penserà la natura a regalarci una nuova festa della Liberazione entro pochi anni, senza bisogno di spargimenti di sangue e di cadaveri scempiati mentre sono appesi a testa in giù. Vi dirò di più (e sono certo di interpretare il pensiero di quasi tutti gli altri "ostaggi"): sono disposto perfino a piangermelo e a riconoscergli una figura postuma di vero statista, purché si tolga dalle scatole abbastanza presto.
venerdì 31 ottobre 2008
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