domenica 28 dicembre 2008

Considerazioni di fine anno, in ordine sparso

Tiriamo le somme: come finisce questo 2008? Peggio di come era cominciato, senza dubbio. Anche se c'è poco da essere nostalgici. Tutto ciò che adesso non va, era già in embrione 12 mesi fa. Le nubi della tempesta che avrebbe spazzato via le illusioni (quelle del centrosinistra, quelle dei risparmiatori e dei cittadini colpiti in vari modi dalla crisi economica, quelle personali di molti di noi) già si addensavano nere all'orizzonte, eppure quasi tutti noi abbiamo continuato a ballare nel modo più frivolo al suono della solita orchestrina del Titanic (poveri cristi, non solo hanno fatto quella brutta fine, ma sono rimasti anche nell'immaginario popolare come l'esempio di qualcosa di comunque negativo).
Il nostro nuovo Messia (per la precisione: il vostro, il loro, non certo il mio) proclama che bisogna essere ottimisti, altrimenti andrà sempre peggio. Che possa andare peggio per lui, ne dubito. Perché si scalda tanto, allora? Mah, misteri della vita. Un altro mistero, stavolta risolto, riguarda le priorità del Paese: cosa urge fare, in tempi rapidi? Nell'ultimo discorso, l'ineffabile ometto ha parlato di un compito durissimo, di dodici mesi terribili che lo attendono, lui e tutta la sua banda, pardon il suo governo. Per un attimo ci è sembrato di ascoltare Churchill che prometteva "sangue, sudore e lacrime" agli inglesi bombardati senza tregua dai nazisti. Poi è finito il dramma ed è ripreso il cabaret. Il compito durissimo consiste nel fare la riforma della giustizia e quella delle intercettazioni. Caspita! Proprio ciò di cui hanno maggiormente bisogno i cittadini a reddito basso, per non parlare degli indigenti. Vuoi mettere cosa significa, quando non arrivi a fine mese, la possibilità di sfogarti a telefono, sbraitando contro quella marmaglia di ladri e incapaci che ci governa, senza il rischio di essere intercettato?
Il Televideo riporta che le spese nel periodo natalizio si sono contratte del 20% rispetto all'anno scorso, ma l'Unico Depositario Della Verità (sto inventando più titoli io per lui che uno scrittore americano degli anni '30 in una intera saga di Fantasy su "Weird Tales") ci ha riportato la confessione di Sangalli (Confcommercio? Confesercenti? Boh... ma mi spiegate che differenza c'è?), per cui si è venduto esattamente come l'anno scorso. Ora, se la matematica non è un'opinione, le spiegazioni possibili sono poche: 1) i prezzi sono calati del 20% (questa è una barzelletta che, se la raccontano a "Zelig", crolla il teatro dove lo stanno registrando, per le risate); 2) i commercianti piangono e fottono (più probabile, anche se almeno Sangalli ha un po' più di stile rispetto all'indimenticabile Billé, noto anche con il soprannome pasoliniano di "Accattone"); 3) le Verità Incarnata mente spudoratamente (e questa è la più probabile di tutte, direi che non mente nemmeno per un obiettivo particolare: mente perché è programmato per mentire; la verità gli fa male alla salute, come nella canzone di Caterina Caselli).
Ma il nostro Paese, lo sapete tutti tranne i disfattisti e i comunisti (Dribbly in testa), le possibilità di ripresa sono sempre immense. Pensate un po' che Obama, volendo regalare alla moglie un anello per festeggiare la sua elezione a Presidente, l'ha ordinato a un orafo italiano (di Valenza Po, mi pare). La notizia è che gli costa solo 20.000 dollari, roba che un Abramovich (o qualunque altro parvenu, compreso il nostro amato Presidente del Consiglio) non ci comprerebbe un rotolo di carta igienica per non farci la figura di un pezzente. L'altra notizia è che siamo tanto a corto di vere notize che una cosa del genere la dicono al telegiornale (di Obama, non di Abramovich). A meno che non si preparino alla prossima battuta, rigorosamente del tipo "di carineria", di cui il nostro Semi-Dio è specialista: "Ma lo sapete che Obama ha ordinato un anello per la moglie a un orafo italiano? Naturalmente, per farglielo mettere al naso".
Buon 2009, non lo dico in senso ironico. Buon 2009 a chi se lo merita e a chi ne ha bisogno. Agli altri, senza rancore, no.

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