Questo blog è talmente poco frequentato che, se lo chiudessi, nessuno ne sentirebbe la mancanza. Non è proprio il massimo della mia ambizione ma è la realtà. Tuttavia, pur nel suo modo insignificante di esistere, serve a portare avanti qualcosa di valido. Esprimo qualche idea, senza uniformarmi (almeno, non volontariamente o perché indotto a farlo dalla prospettiva di ricavarne un vantaggio materiale) alle tendenze dominanti. Offro, nel modo di lucido che mi riesce di mettere insieme, la dimostrazione il più possibile razionale e rigorosa del perché interpreto certi fatti in un certo modo. Sarei aperto alle critiche, ma finora non ne ho ricevute. Chi potrebbe criticarmi, evidentemente, o passa oltre o ignora la mia esistenza. Pazienza.
Un’altra caratteristica di questo blog è la determinazione a mantenere un profilo basso. Anche quando tratto argomenti di una certa serietà, non voglio scavare una distanza eccessiva tra me e chi mi legge (anche perché non sarei in grado di reggere un gioco simile). Non voglio propormi come un tuttologo: sono solo una persona comune, con le esigenze delle persone comuni, che ha perso un po’ più di tempo della media a farsi un minimo di cultura e a riflettere sul perché succede ciò che succede. Le due attività sono, in larga misura, imprescindibili l’una dall’altra: leggere molti libri senza provare a convalidare ciò che si è appreso attraverso l’esperienza reale, può diventare una fuga dalla realtà, una forma innocua ma disarmante di nevrosi; porsi delle domande e cercare delle risposte è sempre bello e utile, ma occorre prima aver messo insieme un bagaglio di nozioni, concetti e metodi con cui operare, altrimenti si finisce a passare tutto il tempo immersi in vuote fantasticherie, e anche questo è un comportamento nevrotico. Molte persone hanno delle lucidissime intuizioni sulla realtà che li circonda, ma non sanno svilupparle in alcun modo e, partendo da queste, finiscono per coltivare idee fatte di pura paranoia. Questo è davvero triste, anche per lo spreco di intelligenza che ne consegue. E’ proprio a questo tipo di persone che il mio blog, idealmente, si rivolge.
Torno sulla faccenda degli statali fannulloni e dei provvedimenti presi (si fa per dire) ad hoc contro di essi dal presente Governo, per proporre un argomento che, finora, non è stato sollevato da nessuno. Recentemente, il ministro Brunetta ha dichiarato in un’intervista che non ha ancora finito e che andrà comunque avanti perché 60 milioni di italiani sono dalla sua parte. A tale dichiarazione, si potrebbe rispondere con tutto un repertorio di battute. Ne riporto solo alcune: 1) una persona intellettualmente onesta non avrebbe bisogno di cercarsi una giustificazione così populistica, basterebbe dire “vado comunque avanti perché sto facendo una cosa giusta”: parecchi milioni di tedeschi erano con Hitler quando perseguitava gli ebrei, ma non mi pare che questo basti a farne un esempio da seguire; 2) i residenti in Italia sono solo 59 milioni, e di questi una certa quantità, mi pare 3 milioni, sono stranieri: gli italiani dunque non sono più di 56 milioni. Il consenso dei 4 milioni che mancano al conto, Brunetta, come se lo è procurato? Con le sedute spiritiche? 3) Io e tanti altri non siamo assolutamente d’accordo con lui, così come non vogliamo assolutamente nulla di ciò che, secondo quanto i vari Capezzone e Cicchetto ci propinano quotidianamente dai tg, gli italiani vogliono. Forse non siamo più considerati italiani? Ditemelo per tempo, se sono diventato apolide, così almeno mi procuro un passaporto Nansen.
Però, la questione è un’altra. Indubbiamente, l’operazione di Brunetta riscuote un ampio consenso, che in parte è giustificato dalla condotta irresponsabile di alcuni dipendenti pubblici, in parte è dovuto all’effettiva inefficienza delle amministrazioni (ma, per rimediare a quella, occorrerebbe sanzionare i dirigenti e i politici, non i dipendenti) e molto, moltissimo, è stato costruito attraverso un’opera di disinformazione condotta con criteri sistematici e scientifici, degna di uno stato totalitario (quale siamo e saremo finché si permetterà la candidatura in politica di gente che possiede il monopolio dell’informazione). La gente è stata convinta che: 1) in Italia vige un livello di tassazione spaventoso; 2) per colpa di questo regime fiscale le famiglie non arrivano a fine mese; 3) tutto questo enorme sacrificio serve solo a mantenere un esercito di parassiti; 4) facendo sparire questo esercito, la crisi economica finirebbe e l’economia prospererebbe.
Ora chiediamoci: quanto c’è di vero, in tutto questo? La risposta è: molto poco.
Parliamo del livello di tassazione: Confindustria e le altre associazioni di professionisti e autonomi, ci ripetono che noi versiamo circa il 42% dei nostri guadagni allo Stato; l’attuale presidente del Consiglio, durante una campagna elettorale, ha dichiarato che, ogni anno, noi lavoriamo fino al 28 luglio per lo Stato e solo il poco tempo che resta per noi: significherebbe che sborsiamo circa il 60% dei nostri guadagni per pagare le imposte. Sono cifre da capogiro, roba da giustificare assalti alla Bastiglia e iniziative non meno drastiche. Peccato che la realtà sia diversa. La maggior parte degli italiani (mi riferisco ai lavoratori dipendenti) dichiara un reddito annuo lordo inferiore a 20.000 euro: su queste cifre, il livello medio della tassazione (notoriamente proporzionale e progressiva), si aggira sul 26% per quanto riguarda l’Irpef e, sul totale, dubito che possa superare il 33-35%. A qualcuno potranno sembrare percentuali alte, ma siamo molto lontani dalle cifre di cui parla Confindustria (le altre, non sono neppure da prendere sul serio). La maggior parte degli autonomi dichiara ancora meno, quindi paga ancora meno. Il livello di imposizione fiscale di cui si straparla, dunque, è un livello teorico, almeno per la maggior parte di noi. Basta studiare un po’ di Scienza delle Finanze e farsi qualche semplice conto per comprendere che, se a uno tocca di pagare il 42% dei suoi guadagni in tasse, evidentemente i suoi sono davvero dei bei guadagni, e certo il problema di arrivare o meno a fine mese non lo riguarda; l’idea di un altro che paghi addirittura il 60%, personalmente mi fa pensare a guadagni talmente elevati da permettersi una vita di lusso, altro che i problemi della gente comune. A chi ha anche la spudoratezza di lagnarsi, trovandosi in queste condizioni, sarebbe lecito rispondere: ma paga e sta’ zitto, guarda come stanno gli altri e vergognati. Chissà perché, oggi nessuno si sogna di farlo.
Parliamo adesso delle famiglie che non arrivano a fine mese. Ce ne sono, magari un po’ meno di quelle che si lamentano di questa situazione, ma certo ce ne sono. Molte sono al limite: arrivano a fine mese senza troppe difficoltà, ma basterebbe una semplice variazione in negativo (separazione tra coniugi o malattia grave di uno dei due, per esempio) per farle precipitare nel baratro. Questo è un problema molto più serio di quanto comunemente non si creda e lo smantellamento dello Stato Sociale non farebbe altro che aggravarlo, ma la questione oggi è demodé e ci si guarda bene dal sollevarla. Ma, chiediamoci, cos’è che riduce le famiglie in queste condizioni? Le tasse? Vogliamo far ridere? Lo sappiamo benissimo, di chi è la colpa: siamo strangolati dal carovita, dai prezzi alti che (specie durante i precedenti governi di centrodestra, che risolvevano il problema truccando disinvoltamente i dati dell’Istat) sono cresciuti molto più di salari e stipendi. Dunque, se abbiamo difficoltà ad arrivare a fine mese, prendercela con gli statali è un po’ fuori posto, soprattutto considerando che l’aumento dei prezzi non si ha mai per caso ma per precise responsabilità di precisi soggetti: verso i quali, chissà perché, nessuno lancia crociate come quella di Brunetta.
L’equazione commercianti = ladri esprime con precisione il pensiero di molti lavoratori dipendenti ma, quanto a realtà, vale quanto statali = fannulloni. In altri termini, ce ne sono ma non si può fare di tutta l’erba un fascio. E anche tra quelli che non sono del tutto a posto, è necessario fare qualche distinzione: alcuni statali fannulloni si dedicano con più impegno a un altro lavoro fuori dell’amministrazione perché altrimenti non riuscirebbero a tirare avanti con il misero stipendio che prendono; alcuni commercianti (specie tra quelli piccoli) fanno la cresta su ciò che devono al fisco e cercano di barcamenarsi oltre il limite del lecito nei rapporti con clienti e fornitori perché, se non facessero così, dovrebbero chiudere. Anche se pochi ne parlano (in genere, si viene a sapere solo conoscendo i soggetti interessati di persona), esistono perfino statali che, pur di servire solo l’amministrazione, fanno letteralmente la fame e commercianti (sempre piccoli) che, pur di rispettare la legge, hanno chiuso e magari si ritrovano anche pieni di debiti. Colgo l’occasione per dichiarare tutta la mia ammirazione e offrire tutta la mia solidarietà a questi eroi della nostra moderna civiltà, anche se quasi tutti li considereranno solo dei fessi.
Poi, però, esistono i delinquenti senza scrupoli: senza il minimo scrupolo, anzi, visto che sono delinquenti legalizzati. Molti commercianti (come tanti altri autonomi) oltre a dichiarare guadagni bassissimi o inesistenti per frodare il fisco, non hanno alcuno scrupolo a fregare i clienti in ogni modo immaginabile (i prezzi alle stelle non sono l’unico). Sono tipici soggetti da galera ma purtroppo ci finiscono troppo raramente. Il fatto che siano tutti elettori di centrodestra dovrebbe dirla lunga sugli obiettivi politici del presente Governo.
C’è poi un’altra categoria, di cui si parla poco e che, invece, dovrebbe essere oggetto di parecchia disapprovazione da parte dei cittadini: gli intermediari, i mediatori. Nell’epoca dell’informatica e di Internet, sono figure anacronistiche, destinate a diventare del tutto inutili se non dannose per i costi che comportano. Dovrebbero servire a far incontrare la domanda con l’offerta all’altezza del giusto prezzo: ma, in realtà, poiché guadagnano a percentuale, il loro obiettivo è sempre di far salire il prezzo il più possibile. All’aumento che provocano in questo modo, poi, bisogna aggiungere il costo della loro percentuale, tutt’altro che trascurabile: niente di strano se poi qualunque prezzo sale al di là di ogni livello tollerabile. Quando poi ci sono più passaggi dal produttore al consumatore, l’effetto aumenta in modo esponenziale: lo stiamo vedendo con i prezzi di frutta e verdura, con i produttori che vendono a quasi nulla e i consumatori che pagano a peso d’oro. A cosa servano, oggi, i mediatori, non si sa. Una minima conoscenza del codice civile e dell’informatica, oltre alla santa abitudine di tenere gli occhi aperti (come consigliano da sempre le associazioni di consumatori) dovrebbero essere più che sufficienti per assicurare il successo di una buona transazione. Alcuni (riconosciamolo) sono davvero persone competenti nel loro campo e avere a che fare con loro comporta notevoli vantaggi per i clienti: ricordo, ad esempio, di aver avuto a che fare con un agente immobiliare specializzato in piccoli immobili di quartieri popolari ma dignitosi, al quale bastava lasciare la descrizione delle proprie esigenze e il prezzo massimo che si era disposti a pagare (tutto questo dopo un po’ di amichevole discussione, perché a volte i clienti confondono i propri sogni con la realtà) per vedersi proporre, passato un tempo ragionevole, una serie di immobili più o meno rispondenti ai criteri determinati. Non era esoso per i compensi, era perfetto per chi doveva organizzare una lunga trasferta o per chi era soffocato dai preparativi di un imminente trasloco, in più era una persona cortesissima, correttissima e rispettosa della legge: purtroppo, e il fatto non mi sembra casuale, era sempre sul punto di chiudere e non so neppure se sia ancora in attività. Se fossero tutti così, capirei la necessità di mantenerli. Ma quanti sono davvero così bravi e onesti? A giudicare da come ce la caviamo oggi, direi una sparuta minoranza, assolutamente non significativa. Insomma, senza offesa per nessuno, se le famiglie hanno problemi ad arrivare a fine mese, la sparizione dei mediatori ne risolverebbe una buona parte. Detto così, suona parecchio truculento: ma non è peggio di quanto quotidianamente si sente dire degli statali.
A quando, allora, l’avvento di un ministro che finalmente lancerà una crociata contro i professionisti inutili che servono solo a far salire i prezzi? Di un Brunetta che si preoccupi di fare qualcosa davvero nell’interesse dei cittadini e non solo di gettare fumo negli occhi dei gonzi?
lunedì 25 agosto 2008
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